Storia della polizia locale di Modica

Privilegiata in tutto il Regno di Sicilia, la Contea di Modica fu considerata, per ben sette secoli, regnum in regno, e la magnificenza dei Conti non era assolutamente inferiore agli stessi sovrani.
I Conti di Modica possedevano privilegi, tra i quali importantissimo quello di potere nominare i Cavalieri di Malta, la cui cerimonia si svolgeva nella Chiesa di San Giovanni Battista, ex Cinema Moderno, a Modica Bassa. Conti furono i Chiaramonte, i Cabrera, i Mosca e gli Enriquez, ma parte della loro storia e della storia documentata della Contea fu distrutta da due incendi.

Nel 1448 il fuoco distrusse la Cancelleria di Ragusa; ciò significò la distruzione della maggior parte dei documenti fino a quell’epoca; verso il 1860 il Conte Crocco di Genova fece distruggere, per un suo godimento personale, tutto l’archivio di famiglia, di cui era l’ultimo erede.
La storia della Contea è stata ricostruita cercando di colmare in qualche modo i periodi vuoti; sappiamo tuttavia con certezza dell’esistenza del Governatore reggente della Contea, del Tribunale della Gran Corte, della Curia d’Appello per processi civili e penali, di un Avvocato e un Procuratore Fiscale, un Protomedico, un Protonotaro ed un Maestro giurato, un Maestro Portolano e persino un Maestro Segreto. La Contea aveva i suoi soldati e nominava persino Notai e Aromatari; il suo maggiore splendore risale al 1392, quando Bernardo Cabrera fu nominato da Martino con “Sicut ego in regno meo, tu in Comitato tuo”.
La Contea ebbe vaste estensioni. Dipendevano dal Conte di Modica: Pozzallo, Spaccaforno, Comiso, Scicli, Santa Croce Camerina, Vittoria, Ragusa Superiore e Ibla, Giarratana, Monterosso Almo, Chiaramonte Gulfi e Biscari. Si aggiungevano ai possedimenti Palma di Montechiaro, Castelvetrano, l’Isola di Malta e le Isole Gerbe.
Il possesso si estendeva, inoltre, nel Val di Mazara, i Castelli di Alcamo, Caccamo, Calatafimi e Mazara.
La Contea fu quasi sempre in mano agli spagnoli, se si esclude il periodo in cui dominarono i Chiaramonte.
I privilegi erano tanti, ma le regole da rispettare, in modo particolare nella Contea di Modica “già dal 1300”, erano molto gravose.
C’erano le consuetudini che avevano la forza delle leggi, che erano gli “Statuta, Capitula et Ordinationes” editi successivamente nel 1541 da Bernaldo del Nero. Il banno sulla “acatapania” stabiliva le regole ed il comportamento da rispettare e fare rispettare dall’allora comandante dei vigili urbani.
Con la legge 12.12.1816 vengono fissate, per la prima volta, le attribuzioni del Sindaco e del Primo eletto, in materia di Polizia Urbana e rurale.
Gli artt. 57 e 58 stabiliscono che in ogni comune, laddove non risiede un Giudice di Pace, il Sindaco esercita la Polizia giudiziaria ed è rivestito della giurisdizione locale(contravvenzioni di
Polizia Urbana e di Polizia rurale). Il primo eletto è all’immediazione del sindaco, incaricato principalmente della Polizia Urbana e rurale, che gestisce a norma di leggi e regolamenti
giuste le istruzioni che gli verranno date.
Egli forma atto di tutte le contravvenzioni di polizia e ne provocherà la punizione davanti al Giudice competente, esercita il ministero pubblico, sia presso il giudice di Pace che presso il
Sindaco, e può in caso di flagranza di contravvenzioni alla Polizia urbana , infliggere e far riscuotere le multe prescritte dal relativo Regolamento, è nel dovere di tenere nella cancelleria comunale un registro esatto delle contravvenzioni e delle multe applicate “altrimenti ogni esazione a titolo di multa sarà considerato come arbitrio.”
La Polizia Municipale cura la conservazione della tranquillità e dell’ordine pubblico interno, la Polizia Rurale tutela la salubrità, la sicurezza e la custodia delle campagne e degli animali.
Dal 1861, con l’unificazione dell’Italia o meglio con l’annessione dell’Italia Meridionale e delle isole al Regno Piemontese si cessò di applicare i vari regolamenti.
Nel 1889 con R.D. n.5921 si vieta ai comuni di dotare i corpi di polizia locale divise e distintivi uguali a quelle delle forze armate dello Stato. Con la scomparsa la Contea di Modica e dal 1868 si dovette applicare il regolamento della circolazione stradale in tutta Italia (R.D. 15 novembre 1868, n.4697).
Il primo vero codice della strada fu emanato con R.D. il 31 dicembre 1923 n.3043.
Questo Codice rimane in vigore per appena cinque anni, perché fu sostituito con R.D. 2 Dicembre 1928 n.3179, anche esso della durata di cinque anni.
Il terzo testo del codice della strada (8 dicembre 1933 n.1740) ebbe validità fino al 15 giugno 1959 n.393. Ben ventisei anni durante i quali il testo subì numerose modifiche.
Dal 1959 al 1992 il codice, ancora oggi più longevo, ha il titolo VI interamente dedicato alla persona quale agente della circolazione e ne ha voluto regolamentare il comportamento.
Dal 1992 a oggi il D.L. 30.4.92 n.285 è stato segnato da un processo di riforma quasi continuo a causa dei mutamenti sociali, economici, politici, ma anche culturali, che hanno caratterizzato il nostro paese, nonché adeguato alle esigenze di prevenzione e sicurezza e alla legislazione comunitaria.
Inizialmente, e fino al 1950, la figura del vigile urbano o guardia municipale assolveva compiti di competenza locale, con un ruolo sicuramente non second’ordine; era un salariato che si
distingueva dai pari grado, inservienti, bidelli e lampionari solo per la divisa che portava coi bottoni dorati.
In molti è ancora viva la figura della Guardia municipale che controllava nei vicoli “ca a gintuzzi nunna avieunu a mettiri i cagghi re iaddini ravanti e potti”(che la gente non doveva mettere le gabbie delle galline davanti alle porte), controllavano che i muli e gli asini fossero sistemati dinanzi alle porte senza intralciare ed elevavano contravvenzione se c’era sporcizia prodotta da detti animali nella pubblica via; nelle pochissime fontanelle pubbliche non si dovevano attaccare “suchi, picchini i sequestraunu, stapieunu o cantu a l’autobotti ca spattia accua ppi birri cu si pigghiava cciù assai ri na cuattara, e pi finiri caminaunu ri ravanti e puttaunu a bossa cca spisa e vari assessuri ri tunnu, ca nun si putienu fari virri ca spisa nte manu”.
La grande evoluzione della guardia municipale a vigile urbano avvenne negli anni 60. E’ utile rilevare che in due occasioni il Comandante della polizia locale di Modica, Giovanni Modica Scala, anticipando i tempi, in un Convegno a Stresa nel 1950, con: “«Il vigile urbano deve essere il biglietto da visita di ogni città” e nel 1975 al Primo Convegno di Polizia Municipale di
Ragusa su “Crisalide si è ormai trasformata in farfalla”, descrisse molto bene la figura e i compiti che venivano richiesti al vigile e le conoscenze che doveva necessariamente avere.
Dal 1975 a oggi la figura del vigile urbano è notevolmente cresciuta dal punto di vista professionale, ed è l’elemento chiave per alcuni compiti svolti: dalla polizia stradale, con la conoscenza obbligatoria del Codice della Strada, svolge funzione di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, fa rispettare i Regolamenti alla Polizia Edilizia e Annonaria, esegue accertamenti pubblicitari, accertamenti anagrafici e di residenza, artigianali e commerciali che vengono richiesti dalle Camere di Commercio, notifica atti di Polizia Giudiziaria e Amministrativa.
Ai sensi della legge di P.S. è autorizzato a portare l’arma.
I Comuni si sono dovuti adeguare a questa figura emergente al proprio interno ed hanno dovuto, per forza di cose, riconoscere la quantità e la qualità del loro lavoro.
Assistiamo così alla nascita delle varie squadre che con puntualità, zelo e precisione eseguono le disposizioni che ricevono dall’Autorità Giudiziaria, dall’Autorità Prefettizia e dall’Autorità Amministrativa (Sindaco) attraverso il Comandante della Polizia Municipale.

(grazie per l’apporto al collega Peppe Casa)

I comandanti della polizia locale di Modica che si sono succeduti negli anni:
Giovanni Modica Scala
Carmelo Cappello
Vincenzo Agosta
Elio Schepis
Ignazio Cavallo
Miriam Dell’Ali
Claudio Baglieri
Giuseppe Puglisi
Angelo Carpanzano
Giuseppe Pediglieri
Rosario Cannizzaro